Trames

joined 3 years ago
[–] Trames@poliversity.it 1 points 4 days ago* (last edited 4 days ago)

@politica @torino Riassumendo: secondo i Subsonica, lo sgombero di Askatasuna è una punizione alla città per la presa di posizione contro l'espulsione dell'imam Shanin.

1
Da Rolling Stone. (poliversity.it)
submitted 4 days ago* (last edited 4 days ago) by Trames@poliversity.it to c/politica@feddit.it
 

Da Rolling Stone.

Subsonica: a Torino percepita «una pesante intrusione militarizzata motivata dallo sgombero di Askatasuna»

Una cosa è l’ordine pubblico, un’altra la desertificazione sociale. L’anima complicata della città. «Chi tenta di applicare qui regole che altrove sembrano offrire facili risultati, resta con niente in mano»

«Ogni città ha una sua magia impenetrabile, che si rivela attraverso l’arcano di apparenti contraddizioni». Inizia così il post dei Subsonica sulla «complicata anima di Torino».

«Torino nel suo umore profondo, sta reagendo infastidita a quella che viene percepita, ogni giorno di più, come una pesante intrusione militarizzata motivata dallo sgombero di Askatasuna», scrivono i Subsonica.

Questa città non tollera vedere sfregiati i suoi simboli.

Non è mai una città allineata: non è stata fascista: Mussolini la chiamava “la porca città”. Non è stata biologicamente democristiana, comunista, craxiana, leghista, berlusconiana ma nemmeno moderata, perché sempre attraversata da tensioni profonde».

«Reagisce alla montatura mediatica sull’Imam Shanin, con il tono di chi rifiuta le sciatte e triviali dinamiche che regolano oggi il dibattito d’opinione in Italia. Si mobilità quando si sente violata, ma non si lascia semplificare da uno slogan. È un luogo difficile da capire e anche da amare. Ma tutti coloro che pensano di applicare qui, forzatamente, regole di funzionamento che altrove sembrano offrire facili risultati… restano con niente in mano. Senza mai capire perché».

Dopo lo sgombero di Askatasuna, Casacci aveva scritto:

«Vanchiglia si è svegliata militarizzata, con strade bloccate, due scuole chiuse e una colonna di camionette che doppiavano per numero le sei persone presenti all’interno della palazzina di Askatasuna.

Al momento sulla questione si stanno leggendo diverse cose, in alcuni casi anche note ufficiali, che sfidano l’esame di realtà».

«Ciò che è evidente, è che oggi abbiamo assistito ad una esibizione di forza repressiva sulla quale alcuni esponenti della destra nazionale e locale hanno già fieramente messo il cappello. Peccato che per farlo abbiano dovuto forzare i fatti a beneficio di narrativa.

Non esiste una relazione diretta tra lo sgombero, la blindatura dei (al momento) due piani superiori dell’edificio, e una “ferma risposta” a recenti episodi violenti, tra cui l’irruzione nella sede della Stampa, su cui sono in corso indagini».

«È vero che nella stessa giornata sono state fatte perquisizioni presso abitazioni di attivisti e sedi di collettivi, ma la revoca del patto di collaborazione per restituire Askatasuna al quartiere in forma di spazio sociale, aggregativo e culturale imposta dalla Prefettura (che di fatto scavalca Consiglio comunale e Giunta), è un’azione differente, che si aggrappa a ordinanze e cavilli tesi a boicottare il progetto della trasformazione dello stabile in “Bene comune”.

Quello che non passa inosservato è che per ordine del Ministero, in questi giorni, è stato rimosso un Questore. Quello che su diverse questioni legate a cittadini stranieri, si era mostrato molto dialogante. Evidentemente troppo.

Non passa nemmeno inosservato che a pochi giorni dalla liberazione dell’Imam Shanin, contro la cui espulsione la società civile torinese aveva preso una posizione molto netta, arriva in città questa prova muscolare spacciata per azione securitaria, ma che nel tentativo di rimuovere uno spazio di contatto tra luoghi e momenti di dissenso e cittadinanza, diventa uno strumento per alimentare rigidità e tensioni».

«Quello che auspico, anche a nome di una comunità musicale che contro la chiusura dello spazio di Aska si è espressa in modo molto netto, è che la Città non si lasci forzare la mano da chi non vede grosse differenze tra ordine pubblico e desertificazione sociale».

L'articolo completo si può leggere qui: https://www.rollingstone.it/musica/news-musica/subsonica-a-torino-percepita-una-pesante-intrusione-militarizzata-motivata-dallo-sgombero-di-askatasuna/1014766/.

@politica @torino #askatasuna #subsonica

 

Nella lingua basca la parola askatasuna significa libertà.
Che si sia d'accordo o no con le iniziative politiche del movimento Askatasuna, è senza dubbio una iniziativa miope lo sgombero di un centro sociale che ha animato una struttura abbandonata rendendola per quasi trent'anni un punto di riferimento per la città di Torino. Al suo interno si sono svolti concerti, iniziative culturali e campagne di solidarietà.

@politica @torino
#askatasuna @piazzabronson

1
submitted 6 days ago* (last edited 6 days ago) by Trames@poliversity.it to c/politica@feddit.it
 

Da The Post Internazionale.

“Le Big Tech sono una minaccia per la democrazia”: intervista al prof. Juan De Martin

“Negli ultimi 30 anni i governanti europei hanno rinunciato a controllare le reti chiave per la gestione delle informazioni. Le hanno lasciate in mano ai giganti digitali Usa. Così l’Europa ha perso la sua indipendenza”

Dal 23 al 25 gennaio il Palazzo Ducale di Genova ospiterà “Democrazia alla prova”, una tre giorni di dibattiti organizzata dal Forum Disuguaglianze e Diversità e dal Palazzo Ducale e curata in particolare dall’ex ministro Fabrizio Barca (co-coordinatore del Forum) e dall’intellettuale genovese Luca Borzani.

Al centro dell’evento c’è un interrogativo: in un’epoca segnata da trasformazione digitale, concentrazione in poche mani di ricchezza e potere e dinamiche autoritarie, come può rigenerarsi la democrazia?

Tra i relatori c’è Juan Carlos De Martin, professore di ingegneria informatica al Politecnico di Torino.

«Anche solo limitandoci agli smartphone, osserviamo da una parte che ormai più di metà dell’umanità lo usa varie ore al giorno, e dall’altra che per la prima volta nella storia siamo di fatto obbligati a possedere una specifica macchina, altrimenti diventa molto difficile vivere».

«Negli Stati Uniti e in Europa questo processo è stato portato avanti in maniera fortemente centralizzata e verticale. Oggi una manciata di aziende statunitensi tiene le redini delle tecnologie informatiche, al punto che si parla ormai apertamente di colonialismo digitale degli Usa sull’Europa: basti pensare al duopolio di Apple e Google sui sistemi operativi degli smartphone, o ai social media americani».

«Per qualunque entità, pubblica o privata, ci sono tre infrastrutture sulle quali è essenziale mantenere il controllo: le infrastrutture di trasmissione delle informazioni, quelle di archiviazione delle informazioni e quelle di elaborazione delle informazioni. Se non si ha il pieno controllo, anche fisico, su queste infrastrutture, non si può essere indipendenti. Eppure, negli ultimi trent’anni, i governanti europei hanno incredibilmente rinunciato a controllarle, diventando dipendenti da grandi imprese statunitensi: se improvvisamente una Big Tech decidesse di spegnere un “interruttore”, potrebbero venir meno pezzi importantissimi per il funzionamento dei nostri Paesi, come il servizio di posta elettronica».

«Con il Digital Service Act e il Digital Market Act l’UE ha provato ad arginare il potere della Silicon Valley, ma queste norme sono state criticate sia dagli Stati Uniti, che le hanno interpretate come un’indebita ingerenza, sia internamente all’Europa, dove alcuni aspetti, soprattutto del Digital Service Act, fanno temere limitazioni alla libertà di espressione».

«A partire da una cinquantina d’anni fa, Stati Uniti e Europa hanno trovato economicamente conveniente, anche se strategicamente miope, delegare alla Cina l’estrazione e la lavorazione delle materie prime, attività complesse, inquinanti e costose. Alcuni investitori in Occidente si sono arricchiti moltissimo sfruttando i lavoratori a basso costo cinesi, ma nel frattempo Pechino, in maniera lungimirante, ha portato avanti una strategia di acquisizione di know-how, di crescita e di sviluppo economico di cui oggi raccoglie i risultati».

«[In Europa] possiamo e dobbiamo continuare a produrre cultura, pensiero, arte, ricerca, valorizzando le diversità di lingua e di cultura che abbiamo. Saremmo anche perfettamente in grado di continuare a produrre alta tecnologia per fini pacifici, se solo si investisse adeguatamente in ricerca e sviluppo, oltre che in istruzione. Ciò però richiederebbe di interrompere una dinamica trentennale di austerità, deflazione salariale e scarsi investimenti, sia pubblici sia privati».

L'articolo completo si può leggere qui: https://www.tpi.it/politica/big-tech-minaccia-per-democrazia-intervista-prof-juan-de-martin-202512191212216/.

@politica #genova #europa #bigtech

2
Da El Pais. (poliversity.it)
submitted 1 week ago* (last edited 1 week ago) by Trames@poliversity.it to c/politica@feddit.it
 

Da El Pais.

Se l'IA sostituisce i lavoratori, dovrebbe pagare anche le tasse?

La corsa tecnologica tra i giganti del settore e l’ondata di licenziamenti da loro annunciata hanno riacceso il dibattito sull’opportunità di tassare l’automazione

Daniel Waldenström, professore allo Stockholm Institute for Industrial Economics, respinge l'idea di una tassa specifica sull'intelligenza artificiale, sostenendo che non si è registrato alcun aumento significativo della disoccupazione, nemmeno negli Stati Uniti, culla di queste nuove tecnologie e leader nella loro implementazione. Sottolinea inoltre la difficoltà nel definirlo con precisione: “Cosa sono l'automazione, i robot o l'intelligenza artificiale? Un chip, una macchina umanoide, un'applicazione o un programma per computer? Non saremo mai in grado di definirlo con precisione. Dovremmo continuare a tassare ciò che già esiste: reddito da lavoro, consumi e plusvalenze.”

Anche il Fondo monetario internazionale (FMI) si è unito al dibattito. In un rapporto pubblicato la scorsa estate, gli economisti dell'organizzazione sono giunti a conclusioni contrastanti: non hanno raccomandato di tassare specificamente l'intelligenza artificiale — poiché ciò potrebbe soffocare la produttività e distorcere il mercato — ma hanno esortato i governi a rimanere vigili contro potenziali scenari dirompenti. Le loro proposte includevano l’aumento delle tasse sul capitale — che sono diminuite con l’aumento del carico fiscale sul lavoro — la creazione di un’imposta supplementare sugli utili aziendali “eccessivi” e la revisione degli incentivi fiscali per l’innovazione, i brevetti e altri beni immateriali che, pur aumentando la produttività, può anche sostituire i posti di lavoro umani.

Carl Frey, professore associato di intelligenza artificiale e lavoro all'Università di Oxford e autore del libro How Progress Ends (Princeton University Press, 2025), ha un punto di vista simile: non sostiene una tassa sull’intelligenza artificiale, ma riconosce che il sistema fiscale è diventato sbilanciato. “In molte economie dell'OCSE abbiamo assistito a un aumento delle imposte sul reddito e a una diminuzione delle imposte sul capitale”, osserva. Questo sistema incentiva le aziende a investire di più nell'automazione che nelle tecnologie che creano posti di lavoro. “Affrontare questo squilibrio è essenziale per sostenere le tecnologie che creeranno posti di lavoro del futuro.”

Susanne Bieller, segretaria generale della International Federation of Robotics, sostiene che l'applicazione di tasse ad hoc deriva da “un problema che non esiste,” poiché l'automazione e i robot “creano nuovi posti di lavoro aumentando la produttività.” Avverte che tassare gli strumenti di produzione anziché i profitti aziendali “avrebbe un impatto negativo” sulla competitività e sull'occupazione.

Oltre all’occupazione, destano preoccupazione l’impennata della spesa delle principali aziende tecnologiche per l’intelligenza artificiale e l’aumento dei prezzi delle loro azioni sollevando timori di una bolla. Gli analisti avvertono inoltre che il consumo energetico di queste tecnologie è così elevato che la loro impronta climatica potrebbe compensare i benefici di crescita promessi.

L'articolo completo si può leggere qui: https://english.elpais.com/technology/2025-11-30/if-ai-replaces-workers-should-it-also-pay-taxes.html.

@politica

[–] Trames@poliversity.it 1 points 1 month ago* (last edited 1 month ago)

@luca @Ingordi_Channel @informapirata @informatica
Dopo undici giorni ci ho trasferito in modo irreversibile account e dati e ho rottamato il vecchio apparecchio dopo averlo riportato alle impostazioni di fabbrica.
Se lo rivogliono mi pagano i danni che superano ampiamente il valore dell'apparecchio stesso.

 

«L’Irlanda ha nominato un’ex lobbista di Facebook nuova responsabile della protezione dei dati, cioè la persona che dovrebbe controllare l’operato delle Big Tech.

In Irlanda hanno sede tutte le multinazionali del settore tecnologico, che scelgono questa nazione per via della bassa tassazione e perché le autorità di controllo per anni si sono girate dall’altra parte.

Se le leggi europee in materia di privacy non si applicano alle Big Tech in Irlanda, allora non servono a proteggere nessuno in nessun paese d’Europa».

https://action.wemove.eu/sign/2025-11-dpc-ireland-petition-IT

@politica #irlanda

 

Il governo irlandese ha presentato un piano per costruire 300mila case contro la grave crisi abitativa del paese

https://www.ilpost.it/2025/11/13/irlanda-piano-crisi-abitativa-nuove-case/

@politica #irlanda

2
Da Internazionale. (poliversity.it)
submitted 2 months ago* (last edited 2 months ago) by Trames@poliversity.it to c/politica@feddit.it
 

Da Internazionale.

Giorni fa ascoltando un podcast a cui sono affezionato, De Core Podcast, mi ha fatto riflettere l’osservazione di un ospite, il famoso conduttore radiofonico Linus.

Linus si chiedeva com’era possibile che un paese piccolo come Israele (grande quanto la Lombardia e con gli stessi abitanti della Lombardia), senza petrolio né altre fonti energetiche, fosse diventato così ricco e potente.

Nelle stesse ore veniva annunciato il premio Nobel per l’economia, che quest’anno è andato a tre studiosi – lo statunitense-israeliano Joel Mokyr, il francese Philippe Aghion e il canadese Peter Howitt – per il loro lavoro sull’impatto delle nuove tecnologie sulla crescita economica. Forse una risposta (parziale) alle domande di Linus arriva proprio da questo Nobel, che è molto più importante di quanto si pensi e dovrebbe far riflettere tutti, soprattutto in Italia, un paese la cui economia è ormai da decenni praticamente ferma, come i salari dei suoi lavoratori.

In un comunicato la Banca di Svezia, che ogni anno assegna il Nobel per l’economia, spiega che “da più di due secoli – un fatto inedito nella storia umana – il mondo ha conosciuto una crescita sostenuta, che ha permesso a tantissime persone di uscire dalla povertà e allo stesso tempo ha posto le basi della nostra ricchezza attuale.
Questa condizione, aggiunge la Banca di Svezia, è un’eccezione assoluta: “Nella maggior parte della storia umana la normalità è stata la stagnazione. Il lavoro dei vincitori, si legge nel comunicato, “dimostra che la crescita economica non può essere data per scontata”.

Proprio la straordinaria capacità di innovare è uno dei fattori che ha permesso i progressi di Israele.

Nei suoi studi Joel Mokyr ha dimostrato che la base della crescita senza precedenti dell’economia in occidente è dovuta all’applicazione del metodo scientifico, cioè al fatto che gli esseri umani hanno cominciato a chiedersi perché e come funzionavano le cose. È questo che ha permesso in Europa la rivoluzione industriale. Perché poi proprio in Europa e non altrove? Mokyr sottolinea che non ci può essere crescita economica senza una società che si apre alle idee e ai cambiamenti.

L’Europa è il luogo del mondo che per primo ha cominciato a distaccarsi da una società fondata sui dogmi (religiosi e non) considerati immutabili: furono i mercanti medieviali tra i primi a pensare che ci si potesse arricchire e godere della vita mentri si era ancora sulla Terra, senza per forza aspettare la vita eterna.

Da tutto questo è nata una spinta al progresso, all’innovazione, all’emancipazione e alla crescita che arriva fino a noi. Un percorso tutt’altro che lineare, non certo privo di contraddizioni, ingiustizie, disparità, episodi ignobili. A questo proposito, Philippe Aghion e Peter Howitt sono stati premiati anche per aver studiato i meccanismi alla base della crescita sostenibile. Hanno elaborato un modello matematico per quella che l’economista austriaco Joseph Schumpeter chiamava “distruzione creativa”: quando un prodotto nuovo e migliore entra sul mercato, le aziende rimaste ferme al passato vengono penalizzate e spesso spazzate via.

Molti oggi vedono nella Cina la dimostrazione del fatto che un paese può evolversi senza necessariamente passare da una società aperta. Il colosso asiatico è una “megamacchina”, un sistema dispotico il quale non può tollerare qualsiasi pensiero e invenzione che metta a rischio il proprio potere.

Intanto anche gli Stati Uniti sembrano orientati verso un assolutismo di tipo cinese e hanno cominciato a distruggere le basi di quella società aperta, che ha fatto la fortuna della loro economia.

Resta l’Europa con le sue enormi contraddizioni. La speranza è che non abbandoni i principi di libertà e apertura che ne hanno favorito lunghi anni di prosperità e pace.

L'articolo completo si può leggere qui: https://www.internazionale.it/notizie/alessandro-lubello/2025/10/18/conoscenza-pensiero-motore-economia.

#politica #economia #nobel @politica

 

Da Il Manifesto.

Gli avvocati della Corte Penale Internazionale Omer Shatz e Juan Branco hanno presentato ieri una memoria legale di 700 pagine rivelando tutti gli organi e le agenzie dell’Ue e degli Stati membri coinvolti in crimini contro l’umanità commessi contro i “migranti” in transito lungo la rotta del Mediterraneo centrale. Il documento include un database di oltre 500 funzionari europei che erano in carica durante il periodo esaminato e un elenco di 122 persone sospettate di aver commesso tali crimini. I risultati si basano su 6 anni di indagini.

I più di 25mila richiedenti asilo senza nome annegati negli ultimi dieci anni (2015-2025) e gli oltre 150mila sopravvissuti rapiti e trasferiti con la forza in Libia, dove sono stati detenuti, torturati, violentati e ridotti in schiavitù, potrebbero aver giustizia se la Corte uscisse dal suo silenzio.

Dal 2019 ad oggi, il procuratore della Corte Penale Internazionale non ha indagato né perseguito un solo cittadino europeo. Quando la Corte ha emesso il suo primo mandato di arresto nei confronti di un cittadino libico sospettato di crimini contro l’umanità nei confronti dei “migranti”, un governo europeo, quello italiano, ha ostacolato la giustizia rilasciandolo dalla custodia cautelare e riportandolo in Libia, in aperto contrasto con il mandato della Cpi (caso Al-Masri). I legali hanno invitato il Procuratore ad avviare immediatamente un’indagine sui sospetti identificati.

Parallelamente, intendono adire il Presidente delle Camere preliminari, chiedendo che una Camera eserciti il controllo giurisdizionale sui sei anni di inazione del Procuratore.

L'articolo completo, protetto da paywall, si può leggere qui: https://ilmanifesto.it/dossier-alla-cpi-ci-sono-i-nomi-dei-responsabili-europei-di-torture.

#politica #criminiinternazionali @politica

 

Da Left.

L’Italia continua a firmare assegni ai suoi torturatori. Si chiama Memorandum Italia-Libia, ma è un contratto di outsourcing della vergogna: noi paghiamo, loro sparano, torturano, rinchiudono.

Ogni tre anni il rinnovo scatta da solo, come un abbonamento al male. Nessun governo lo ha mai revocato. Tutti lo hanno protetto, da Minniti a Meloni, passando per chi finge di non averlo mai letto.

Nel 2025 più di 19 mila persone sono state intercettate in mare e riconsegnate alle galere di Tripoli e Al Khums. Dentro quei capannoni si muore di fame, si viene venduti, stuprati, estorti. L’ONU li definisce “scenari di crimini contro l’umanità”, ma per Roma sono “partner affidabili”.

È la catena del disonore: Bruxelles che paga, Roma che tace, Tripoli che colpisce.

Il Parlamento italiano ha appena lasciato che il rinnovo scattasse da solo.

L'articolo completo si può leggere qui: https://left.it/2025/10/17/abbonamento-al-male-rinnovato-per-altri-tre-anni/.

#politica @politica

[–] Trames@poliversity.it 3 points 2 months ago* (last edited 2 months ago) (2 children)

@informapirata @aitech Preferirei, piuttosto, che al centro ci fosse l'incentivo a una sana coscienza critica. Negli ultimi giorni mi chiedo perché la coscienza critica si trovi non in politici ma in personaggi che, sebbene carismatici, sono cantanti e comici.

view more: next ›